FAQ
In questa sezione trovate le risposte alle domande più frequenti degli educatori e dei gestori di servizi per la prima infanzia.
1. Bisogna affrontare il tema della guerra con i bambini della scuola dell’infanzia? E come?
Il tema della guerra è uno dei temi più difficili da affrontare con i bambini piccoli. Come la morte, mette noi adulti davanti alla difficoltà di rispondere alle domande dei più piccoli trovando un senso e dando una spiegazione ad eventi tanto terribili. L’istinto è quello di proteggerli e tenerli al riparo da questi argomenti, per quanto possibile. Nel momento attuale, però, il tema della guerra è pervasivo e riempie i discorsi dei grandi, i giornali, le comunicazioni tv e radio; appare quindi piuttosto difficile pensare che i bambini non ne vengano in qualche modo a contatto, nonostante il desiderio dei grandi di proteggerli. Per questo motivo gli educatori si chiedono giustamente cosa fare nel momento in cui sentono che i bambini ne parlano fra di loro o fanno domande alle maestre, spaventati dall’idea che i bambini possano interrogarsi su un tema così terribile senza ricevere le giuste risposte e rassicurazioni da parte degli adulti. In linea generale è sicuramente possibile e consigliabile affrontare il tema con i bambini attraverso fiabe e storie; è importantissimo raccogliere tutte le loro domande e le loro paure, in modo da fornire loro rassicurazioni adeguate alla loro età e supporto emotivo. Data la delicatezza del tema, però, è consigliabile confrontarsi prima con i genitori spiegando l’utilità dell’intervento che – pur nel rispetto dei diversi approcci utilizzati a casa da ciascuna famiglia – ha il compito di non lasciare che i bambini si trovino a parlarne fra di loro o a pensarci da soli senza che nessun adulto possa aiutarli a trovare risposte tranquillizzanti.
2. I genitori non ascoltano e sottovalutano le problematiche che accompagnano il nostro lavoro con i loro figli; tutto questo mi rende sempre più stanca ed esasperata ma non è l’umore giusto per affrontare il mio lavoro con i bambini
Dalla nostra esperienza di lavoro con asili e nidi abbiamo potuto cogliere come il rapporto fra genitori ed educatori abbia fortemente risentito di questi anni di pandemia. Questo accade per vari fattori: in primo luogo, le normative volte a limitare il contagio hanno avuto l’effetto di ridurre in modo drastico le occasioni di conoscenza e di dialogo anche informale. Colloqui e riunioni sono spesso svolti da remoto e i momenti di incontro al mattino o alla sera sono volti a ridurre al minimo la permanenza dei genitori negli spazi comuni, così che spesso la reciproca conoscenza genitori-educatori è ridotta a contatti e dialoghi superficiali e frettolosi. Le mascherine e gli altri dpi creano un ulteriore ostacolo emotivo, impedendo la reciproca visione del viso. Inoltre, la gestione del tema sanitario spesso a carico delle educatrici (es. allontanamenti) è spesso un ulteriore fattore di contrasto o incomprensione fra le parti, andando ad acuire la sensazione di distanza o di vicendevole diffidenza. Le difficoltà di relazione con i genitori, quindi, sono state sicuramente accentuate dalla pandemia e da temi estranei all’ambito educativo. In questo contesto è, quindi, importante condividere sempre con i genitori il fatto che solo attraverso collaborazione e fiducia è possibile lavorare insieme per il benessere dei bambini. Nella nostra esperienza, abbiamo visto che può essere davvero molto utile per gli educatori lavorare nell’ottica di coinvolgere il più possibile i genitori nella vita della scuola dell’infanzia o del nido: attraverso colloqui, cartelloni, fotografie e comunicazioni in chat, infatti, è possibile contrastare vissuti di distanza e di esclusione che potrebbero altrimenti crearsi nei genitori andando ad impedire la creazione di un clima di fiducia e collaborazione reciproca.
3. Nel nostro asilo un bambino ha appena subito un lutto famigliare, noi insegnanti come dovremmo comportarci per accoglierlo al meglio al suo rientro?
La perdita di una persona cara da parte di un bambino è un fatto assai sconvolgente per la comunità scolastica in cui è inserito, in quanto percepito come un evento ingiusto e “contro natura”, portando sicuramente tanta tristezza. Dalla nostra esperienza, inoltre, abbiamo constatato che alcuni insegnanti nella vostra stessa situazione non si sentono in grado di poter fare abbastanza per un piccolo che ha da poco subito un lutto, alimentando così uno stato di preoccupazione in vista del suo rientro in classe.
Partendo dal presupposto che già il fatto di esserci per il bambino è di fondamentale importanza, eccovi qualche consiglio per provare ad affrontare il suo rientro scolastico con più tranquillità:
- Siate voi stessi. Il bambino vi ricorda in un certo modo, dunque senza dubbio avrà il piacere di rincontrarvi così.
- Fate sapere al piccolo che ci siete per qualsiasi evenienza. Ogni individuo elabora il lutto in modo personale, dunque siate pronti ad accogliere eventuali segnali di curiosità (domande) o malessere.
- Comprendere e legittimare le emozioni negative del bimbo qualora si manifestassero (“Lo so che sei triste e mi dispiace, ma sappi che è normale, anch’io lo sono”) e non preoccuparsi di manifestare le proprie, seppur mantenendo il controllo. Eccessivo sconforto da parte di chi gli sta intorno, infatti, potrebbe turbarlo.
- L’ambiente dovrebbe essere accogliente e stimolante in modo da favorirne l’espressività.
- Rispondete alle sue domande sull’argomento in modo sincero e adatto all’età del bambino, in accordo e in linea con quanto già comunicato dai suoi famigliari.
- Non è necessario stravolgere la routine scolastica escludendo determinate attività o ricorrenze per paura di intaccare la sua sensibilità, in quanto esso ha già subito uno stravolgimento nella vita privata, dunque è consigliabile mantenere il più possibile la normalità.
- Permettere la normale interazione con i compagni senza ostacolare la loro curiosità sull’argomento, agendo voi da facilitatori.
4. Sempre più bambini fra gli 0 e i 5 anni utilizzano dispositivi elettronici in modo continuativo e questo li rende meno capaci di stare con i compagni e meno tolleranti rispetto alla frustrazione. Come comunicare ai genitori rispetto agli effetti negativi di questi strumenti?
Ci sono diversi studi che mostrano che un utilizzo improprio di questi strumenti può essere di ostacolo al naturale sviluppo relazionale ed emotivo dei bambini. In particolare, alcuni studi sostengono che i dispositivi elettronici possono costituire un’interferenza rispetto al crearsi di un’armonica relazione genitore – bambino nonché un ostacolo nello sviluppo dell’empatia e della comprensione degli stati emotivi dell’altro. D’altra parte, altri studi dimostrano invece la capacità di questi strumenti di agevolare lo sviluppo di alcune capacità come la motilità fine, l’orientamento visuo-spaziale, la concentrazione e le abilità di problem solving e di logica. In definitiva, è quindi fondamentale non demonizzare tali dispositivi ma promuoverne un corretto utilizzo. Le regole che si possono comunicare ai genitori sono di utilizzare questi strumenti sempre insieme ai bambini, non solo per controllare il tipo di contenuti che utilizzano, ma anche per far sì che anche i dispositivi digitali diventino un’occasione di dialogo e di relazione e non di puro intrattenimento. E’ poi importante suggerire ai genitori di cercare app educative e studiate per l’età dei bambini. Infine, alcune regole importanti sono quelle di limitare l’utilizzo ad un’ora al giorno e di evitarne la fruizione durante i pasti o nell’ora precedente all’orario del sonno.
5. Alcuni bambini più fragili e più inclini ai malanni di stagione frequentano la scuola in maniera discontinua, come si possono affrontare le conseguenze di questa situazione?
Sappiamo che, purtroppo, la discontinuità nella partecipazione alla routine scolastica può avere delle conseguenze spiacevoli. Innanzitutto, può ripercuotersi sulla relazione che i bambini spesso assenti hanno con i loro compagni. Per questo motivo è importante, a ogni loro “ritorno”, accoglierli con autentico calore. In base al tipo di accoglienza riservatagli dai compagni, si può valutare la necessità di favorire il loro reinserimento nel gruppo, per esempio proponendo attività o giochi di squadra in cui il ruolo di ogni bambino sia davvero fondamentale. In secondo luogo, le frequenti assenze possono anche incidere negativamente sullo sviluppo di competenze e attività. Che questo accada o meno e, nel caso, in quale misura, dipende da vari fattori, uno dei quali è senz’altro la presenza di patologie, disturbi o fragilità. Qualora il personale scolastico dovesse effettivamente riscontrare una situazione critica, potrebbe essere utile cercare una collaborazione con la famiglia, per esempio dando consigli e suggerimenti su giochi e attività da fare a casa. Non si tratta tanto di chiedere in modo diretto ai genitori di “stimolare” i figli, quanto piuttosto di tenerli informati su ciò che viene fatto in classe, in modo che a casa vengano svolte, laddove possibile, attività simili o comunque parallele.
Di certo nulla può sostituire l’interazione tra pari così come la casa non può essere un luogo didattico ed educativo tanto quanto la scuola, ma alcune strategie possono servire a rendere più deboli le eventuali conseguenze spiacevoli di una frequenza discontinua.