Comportamenti e regole

Fuga dal supermercato

Lorenzo è parecchio stressato e non capisce cosa ci sia di sbagliato in lui per scatenare dei capricci e comportamenti così agitati da parte di suo figlio, tanto da dover scappare dal supermercato a gambe levate… Ma se Simone stesse solo cercando di lanciargli dei messaggi?

Incassometro

Lorenzo si sente nel bel mezzo di un incontro di pugilato in cui incassa colpi dal piccolo Simone che sta scoprendo l’importanza delle regole a suon di “NO!” Ma solo abbandonando i guantoni e lavorando sulla relazione con suo figlio potrà fargli capire quali sono i comportamenti giusti e quelli sbagliati.

nido insieme

Parola all’esperto: 

Nicoletta Pirovano

Nicoletta Pirovano, Psicologa responsabile UOS Programmazione attività consultoriali della ASST Fatebenefratelli Sacco, parla delle due dimensioni del prendersi cura del proprio bambino: da un lato il proteggere e dall’altro il lasciare spazio allo sviluppo della sua persona. In questa delicata fase è necessario che siano date delle regole per orientare il bambino, dargli direzione e sicurezza. Nel video ci spiega come devono essere queste regole e i consigli per gestire questo delicato compito al meglio.

nido insieme

Parola all’esperto: 

Marina Zanotta

Marina Zanotta, Psicologa e psicoterapeuta, esperta di età evolutiva e di genitorialità, responsabile dell’area materno infantile di Associazione Alice Onlus, spiega in questo video come lo sviluppo affettivo e relazionale del bambino vada di pari passo allo sviluppo psico motorio, per cui, nel momento in cui i più piccoli iniziano ad interagire con il mondo, iniziano anche a doversi e volersi sperimentare anche nelle relazioni con le persone intorno a loro.  La psicologa ci spiega il significato dei comportamenti oppositivi del bambino in questa fase importante della loro crescita.

Approfondiamo

I dubbi dei genitori

“Vuole sempre stare in braccio, senza di me non dorme e piange appena lo lascio nella sua culla. Ho paura di viziarlo e renderlo un bambino capriccioso.

 “Adesso sa che è l’ora della nanna e sta facendo i capricci.”

 È tutto un capriccio, è tutto un no, non so più cosa fare con lui/lei”.

“Ogni volta che fa un capriccio sono scenate incredibili e io mi sento incapace.”

“È scoppiato a piangere nel supermercato perché voleva il cioccolato e mi guardavano tutti, sicuramente avranno pensato che non sono un bravo genitore e che non sono capace di gestirlo/a”.

“A volte penso che si comporti così solo per farmi un dispetto.”

 “Quando è con i nonni o al nido si comporta benissimo, quando è con me ne combina di tutti i colori…dove sbaglio? “

 “Quando si agita comincia a lanciare oggetti da tutte le parti, non so come fermarlo e mi sento incapace.”

 “Al parchetto diventa una furia se toccano i suoi giochi, non riesco a farlo ragionare e gli altri genitori pensano che io sia un disastro”.

 “Al nido mi hanno detto che mio figlio/a non condivide i giochi e che morde gli altri bambini, temo che da grande possa diventare un bullo.”

 “Al nido mi hanno detto che mio figlio/a non condivide i giochi e che morde gli altri bambini, ma io so che mio figlio non lo farebbe mai, sono loro che non sono capaci di gestirlo!

Riflessioni sul tema

Nel periodo che va da 0 a 12 mesi, oltre ai bisogni fisiologici, occorre prendere in considerazione anche quelli relazionali e di contenimento affettivo che il bambino non riesce ancora ad esprimere attraverso il canale verbale. Il pianto e la richiesta di contatto fisico sono circostanze assolutamente normali oltre che funzionali alla costruzione del legame genitore-figlio. Tenere in braccio il proprio bambino non è un vizio, ma una necessità fondamentale.

Nei primi anni di vita il bambino incomincia ad esplorare attivamente il mondo sperimentando i propri limiti e confini. Il genitore rimane però sempre la base sicura dalla quale partire nell’esplorazione dell’ambiente. È normale che i bambini manifestino la spinta verso l’indipendenza nella relazione con i genitori perché sanno che sono le persone su cui possono contare di più e che sono capaci di accoglierli e amarli. I comportamenti che definiamo capricci sono spesso espressione dell’attività di sperimentazione della propria capacità di agire sul mondo unita all’incapacità di comunicare verbalmente i propri pensieri ed emozioni. Il genitore può offrirsi come cassa di risonanza affettiva insegnando al bambino a riconoscere e modulare meglio le proprie emozioni e i propri comportamenti.

Le regole di condivisione sono le più complesse da imparare. Il genitore può porsi come esempio, insegnando al bambino come si fa (dicendo, ad esempio: “Per favore”, “Grazie” e “Prego”).

Il nido è un ottimo spazio dove imparare i fondamenti della socializzazione e della condivisione. Le educatrici e le pedagogiste sapranno osservare i comportamenti dei bambini ed aiutarli ad agire in maniera socialmente adeguata.

Lo sviluppo affettivo e relazionale del bambino va di pari passo allo sviluppo psico motorio: nel momento in cui i più piccoli iniziano a scoprire e ad interagire con il mondo iniziano anche a volersi sperimentare nelle relazioni con le persone intorno a loro.

Il fatto che il bambino attivi dei comportamenti oppositivi o di sfida non è legato al fatto che siano presenti dei problemi o che vi sia qualche aspetto disfunzionale nella relazione con i genitori; tutto il contrario! Il bambino inizia a comprendere le regole di funzionamento del mondo osservando le reazioni degli adulti. Questa attività di osservazione, tra i 18 mesi e i 3 anni, serve al bambino per conoscere sé stesso e l’effetto che fa nell’interazione con il mondo (fase dei Terribletwo).

A questo si aggiunge anche la capacità di sperimentare un’emozione unita all’incapacità (nella fascia di età 0-3 anni) di esprimerla verbalmente perché non sono ancora presenti né un’adeguata padronanza lessicale né le competenze relazionali ed affettive per comprendere appieno quello che sta succedendo. In questo percorso la relazione e il legame affettivo impostati dai genitori sono argini imprescindibili che permettono sia di contenere le esplosioni emotive sia di costruire il significato delle emozioni e delle esperienze condivise.

Il problema di fondo risiede talvolta nelle convinzioni dei genitori: il mondo adulto ha delle pretese di competenza e di efficacia educative che non sono conciliabili con i livelli di sviluppo di un bambino; per questo motivo la tendenza è quella di percepirsi come incompetenti o inefficaci davanti al “capriccio” di propri figli. Anziché adoperarsi per insegnare loro a conoscersi e ad esprimersi in modo corretto, i genitori vivono l’angoscia del “non sono capace” e questo li inibisce nello svolgimento del loro compito educativo oscillando tra due estremi opposti: delegare ad altri (nonni, educatori, maestre) o caricarsi eccessivamente del peso di un apparente fallimento di ruolo.

Il rischio è di dimenticarsi di guardare a cosa sia fisiologico in questo passaggio e a cosa non lo sia: regole, allenamento al riconoscimento e all’espressione emotiva, coerenza educativa sono gli unici veri punti di riferimento a cui attenersi.

Suggerimenti

Si possono adottare alcuni accorgimenti per avviare per gettare delle solide basi per un’educazione alla gestione delle proprie emozioni:

  • Offrire un rispecchiamento emotivo e comportamentale che passi attraverso la relazione genitore-figlio.
  • Impostare poche regole di comportamento adeguate all’età e al livello di sviluppo del proprio bambino.
  • Attribuire significati a comportamenti ed espressioni emotive (sei arrabbiato perché…).
  • Chiedere il supporto delle altre figure educative sia nel mantenimento delle regole create a casa, sia nella condivisione del lavoro svolto fuori casa.
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