Intelligenza Emotiva

Che Spettacolo

Davanti ai continui capricci di Simone Federica perde la pazienza, ma è Lorenzo a ricordarle che non è necessario arrabbiarsi in questi casi…

I bambini imparano pian piano a riconoscere le emozioni nelle loro diverse gradazioni e a metterle in relazione con le situazioni in cui si manifestano. Questo significa sviluppare l’intelligenza emotiva, una capacità creativa e di connessione con gli altri. Capiamo meglio…

nido insieme

Parola all’esperto:

Viviana Giorgetti

Viviana Giorgetti, Psicologa dell’ATS Città Metropolitana di Milano, ci spiega in questo breve intervento l’importanza di coltivare l’intelligenza emotiva fin da piccoli e come i neogenitori possano aiutare il proprio bambino ad acquisire la capacità di riconoscere le proprie emozioni e quelle delle persone che gli stanno accanto.

Approfondiamo

I dubbi dei genitori

“Si arrabbia senza motivo, spacca il gioco e urla… è inconsolabile/incontenibile… non ne posso più e non so cosa fare non capisco.”

“Se alzo la voce si mette a frignare, si spaventa di tutto, non ha nessun interesse per i giochi bellissimi che gli propongo… Da chi avrà preso? Io non ero così da piccolo…”

“Mio figlio è imbranato, quando gioca non capisce cosa deve fare, mette in bocca i giochi e se insisto su come fare si chiude in sé stesso, smette di giocare o si mette a piangere. A questo punto mi stufo e lo lascio lì, gli passerà. Non mi piace questo capriccio.”

Riflessioni sul tema

L’intelligenza emotiva è la capacità di elaborare le informazioni in base alle proprie emozioni e a quelle altrui. Il bambino piccolo non ha ancora la capacità di distinguere un’emozione dall’altra e di usare le parole adatte per descriverle.

Imparare ad identificare e comunicare le emozioni è una parte importante della comunicazione ed è una determinante basilare per l’acquisizione del controllo emotivo. La capacità di percepire, riconoscere e gestire correttamente le proprie ed altrui emozioni apporta benefici in tutti gli aspetti della vita quotidiana dell’individuo.

Chi presenta un buon livello di intelligenza emotiva ha maggiori probabilità di avere soddisfazioni dalla propria vita e di avere un elevato livello di autostima. L’intelligenza emotiva consente di prevenire scelte e comportamenti non conservativi, anche inerenti alla propria salute (ad esempio, abuso di sostanze psicoattive e dipendenze sia da droghe che da alcol).

 

Comprendere il punto di vista e le emozioni del proprio figlio non è scontato, ma richiede un continuo esercizio paragonabile, sotto certi aspetti, all’allenamento fisico. Il concetto di allenamento emotivo si basa sulla capacità di immedesimarsi nei figli e di sperimentare empatia nei loro confronti. Il genitore si allena dal punto di vista emotivo cercando di mettersi nei panni del figlio cogliendo, oltre alle emozioni negative, anche le opportunità di crescita. Questa attitudine aiuta il genitore a gestire i momenti di crisi del figlio con maggior pazienza, accettando e ascoltando le sue emozioni come, ad esempio, rabbia, tristezza o paura, senza minimizzare, sottovalutare o banalizzare i suoi vissuti.

I bambini, quando hanno la sensazione che i genitori li comprendano e siano davvero interessati alla loro vita, non hanno bisogno di recitare o di attirare la loro attenzione. I bambini allenati emotivamente imparano, fin da piccoli, a calmarsi da soli e riescono a rilassarsi anche sotto stress. Il legame emozionale tra genitori e figli diventa più stretto e i bambini sono più ricettivi nei confronti delle richieste dei genitori.

Quando un bambino è arrabbiato, teso o spaventato, il genitore deve fare uno sforzo per immedesimarsi in lui e capire che cosa può aver generato quest’emozione. Un bambino di tre anni non può dire: “mi spiace mamma di essere noioso e capriccioso, ma il trasferimento al nuovo asilo mi ha molto turbato”. È quindi compito dell’adulto sforzarsi di capire le emozioni sottese ad un comportamento restituendo al bambino una visione più ampia.

 

Non è consigliabile ignorare o sminuire le emozioni negative pensando che passino da sole o che non siano importanti. I bambini hanno invece bisogno di imparare a capire quello che provano sentendoselo dire dai genitori e hanno bisogno di sentirsi compresi per non crescere con delle insicurezze.

Se il bambino è teso per la prossima visita dentistica, è meglio parlare di questa paura il giorno prima della visita e non aspettare la crisi di pianto nello studio dentistico. Se un bambino rompe un giocattolo bisogna mostrare subito interesse e preoccupazione comunicandogli la presenza di un’alleanza e di una volontà di collaborazione orientata ad evitare di ripetersi di un’azione distruttiva.

Suggerimenti

Si possono adottare alcuni accorgimenti per gestire i momenti di crisi di un bambino evitando di essere troppo giudicanti nei confronti di un comportamento inadeguato:

  • Offrire spiegazioni e circoscrivere il comportamento non accettabile. Se il bambino si sente semplicemente dire che sta facendo qualcosa di sbagliato, senza nessuna spiegazione particolare, potrebbe non comprendere cosa è opportuno modificare nel suo comportamento, ma vivere solo una mortificazione.
  • Favorire l’espressione emotiva evitando di proibire al bambino di mostrare segni di collera oppure diventare punitivi quando mostra segni di irritabilità (ad esempio, “Non permetterti di rispondermi!”).
  • Aiutare il bambino e comprendere l’emozione sottesa ad un determinato comportamento utilizzando il nome di una specifica emozione (“Quando hai lanciato il giocattolo contro il tuo compagno, … eri forse arrabbiato?”) differenziandola da altre. Il turbamento emotivo di un bambino costituisce un’occasione per avvicinarsi a lui e per aiutarlo ad apprendere alcune competenze emozionali suggerendogli anche comportamenti alternativi (“Invece di lanciare il gioco perché non ci giochi un po’ da solo finché non ti torna la voglia di giocare con qualcuno?”).
  • Rivolgere le osservazioni ed i richiami interrompendo le attività che si hanno in corso e dedicando tempo ed attenzione al bambino. È opportuno creare un’interazione stretta cercando di sintonizzarsi con il bambino al fine di percepire l’impatto della comunicazione che viene fornita.
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