Nel mondo dei servizi è comprovato l’elevato grado di correlazione tra le condizioni di benessere di chi presta la sua attività professionale e quelle di coloro che beneficiano del servizio.

La peculiarità del lavoro nei servizi materno-infantili rende ancor più evidente l’importanza di prestare attenzione alla salute psico-fisica di educatrici/ori per l’età e la vulnerabilità dei beneficiari.

Il ruolo dell’operatore del settore educativo materno-infantile presenta una caratterizzazione specifica: svolge attività educative ma, al contempo, assolve ai compiti di accudimento a bambini non ancora autonomi. La cura primaria lo rende attivamente coinvolto nelle dinamiche dello sviluppo emotivo e cognitivo dei bambini. L’educatore risulta pertanto chiamato a svolgere una vera e propria funzione genitoriale che lo espone sia agli aspetti di soddisfazione sia agli aspetti di fatica insiti nella genitorialità. La complessità della funzione di cura di bambini non ancora autonomi espone i caregiver di riferimento (genitori ed educatori) ad esperire livelli elevati di stress che, se non trattati adeguatamente, col tempo potrebbero degenerare.

 

I fattori di rischio principali che hanno un impatto negativo sul benessere dell’operatore del settore educativo materno-infantile sono:

  • numero ridotto di caregiver per ogni gruppo di bambini di cui prendersi cura;
  • clima organizzativo non favorevole nel contesto di lavoro;
  • mancanza di controllo o di influenza sulle procedure dell’organizzazione del contesto lavorativo;
  • carenza di supporto sociale;
  • limitato sostegno da parte dei colleghi e dei supervisori;
  • insufficiente o inadeguata formazione.

 

La cura di sé, sia come persona sia come figura professionale, può essere un modo per alleviare le sfide che affliggono gli operatori che lavorano al servizio del benessere dei bambini.

Vari studi hanno dimostrato come gli operatori, impegnati in pratiche di cura di sé appropriate, sperimentano un aumento dell’efficacia della pratica professionale (Sanso et al., 2015), della percezione della professionalità (Asuero et al., 2014) e descrivono livelli più bassi di burnout.

Particolare rilevanza riveste la capacità di mantenere una focalizzazione sulle proprie esigenze personali, familiari, emotive e spirituali mentre ci si occupa dei bisogni e delle richieste dei più piccoli.

 

Le strategie di coping unite ad una cura di sé professionale sostengono l’adozione di un approccio che contempli l’adozione di alcune iniziative come, ad esempio:

  • la definizione di obiettivi realistici per quanto riguarda il carico di lavoro;
  • la partecipazione a corsi di formazione specializzati;
  • la consapevolezza delle proprie risposte ai fattori di stress;
  • il ricorso al supporto di un supervisore;
  • l’utilizzo di pause per un adeguato riposo;
  • il mantenimento di legami positivi con amici e familiari stretti.

 

In particolare il contesto organizzativo riveste un ruolo di fondamentale importanza. Alcuni elementi dell’ambiente lavorativo come, ad esempio, un adeguato livello di sfida lavorativa, preparazione specifica ed aggiornamento costante uniti a sentimenti di competenza e senso di appartenenza a un’organizzazione supportiva rendono gli operatori maggiormente in grado di contrastare gli effetti negativi dello stress professionale.

 

 

 

 

 

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