STRATEGIE DI CONTROLLO E CONTRASTO ALLO STRESS GENITORIALE

STRATEGIE DI CONTROLLO E CONTRASTO ALLO STRESS GENITORIALE

Lo stress genitoriale è un tipo specifico di stress derivante dalla condizione di essere genitore. Accade quando si verifica uno squilibrio tra le richieste legate al ruolo genitoriale e l’accesso alle risorse disponibili per poter soddisfare tali richieste.

Vari studi scientifici dimostrano che un’esposizione prolungata a uno stress genitoriale eccessivo può portare al burnout genitoriale definibile come “uno stato di intenso esaurimento legato al proprio ruolo genitoriale, in cui si diventa emotivamente distaccati dai propri figli e si dubita della propria capacità di essere un buon genitore”.

Sul piano biologico, il burnout genitoriale provoca una forte disregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene vale a dire quel sistema che si attiva in risposta allo stress e determina disturbi somatici e disturbi del sonno. Le testimonianze dei genitori in burnout sulla loro scarsa qualità del sonno sono perfettamente congruenti con gli studi condotti nel campo del burnout lavorativo.

Vari studi hanno dimostrato come non ci sia correlazione tra burn out genitoriale e basso status socio-economico ma come questo tema sia trasversale ai diversi strati sociali.

Vi è invece un’elevata correlazione tra burnout e comportamenti maltrattanti e trascuranti. Nel corso di una ricerca alcune madri con burnout genitoriale grave hanno riferito comportamenti inappropriati come, ad esempio, dormire sul divano lasciando un bambino di tre anni senza sorveglianza oppure atti di violenza verbale come insulti ed urla. Nessuna di loro ha dichiarato di condividere l’utilità di adottare punizioni severe e tutte hanno riferito di sentirsi estremamente in colpa dopo questi episodi.

I genitori che vivono questa condizione mettono in atto alcuni tipici comportamenti e hanno particolari attitudini:

  • Mostrano limitato coinvolgimento nella genitorialità e nella relazione con i figli;
  • Fanno il minimo indispensabile per i figli;
  • Limitano le interazioni ai bisogni e sono meno aperti a cogliere gli aspetti emotivi;
  • Non si riconoscono più come i genitori che erano e volevano essere;
  • Sperimentano un senso di inefficacia del ruolo genitoriale;
  • Sentono di non riuscire a gestire i problemi in modo calmo o efficace.

I ricercatori sono pervenuti anche a dei risultati parzialmente controintuitivi poiché hanno scoperto che i genitori sono maggiormente più a rischio quando sono consapevoli dell’importanza e del significato del loro ruolo e manifestano elevate aspettative sulle loro capacità di essere dei buoni genitori.

In particolare presentano un profilo di rischio maggiormente elevato coloro che:

  • Aspirano ad essere genitori perfetti;
  • Hanno carente capacità di gestione delle emozioni e dello stress;
  • Mancano di supporto emotivo o pratico da parte dei co-genitori o dalla rete sociale più in generale come familiari;
  • Ricorrono in misura minore ai supporti sociali come, ad esempio, agli asili nido;
  • Hanno pratiche di educazione dei figli inadeguate ed incoerenti;
  • Hanno figli con bisogni speciali che interferiscono con gli impegni legati alla vita familiare e lavorativa;
  • Lavorano part-time o sono genitori casalinghi;
  • Hanno una vita familiare mal organizzata. Ad esempio, mancanza di routine o di ordine, mancanza di tempo per attività di svago che permettano ai genitori di prendersi una pausa.

Per curare e prevenire il burnout genitoriale è necessario innanzitutto attivare una comunicazione sul tema finalizzata ad una sua comprensione. Le campagne di sensibilizzazione rivolte ai genitori ma anche ai professionisti per l’infanzia consentirebbero ai genitori di chiedere aiuto precocemente, riducendo così il rischio o la frequenza di conseguenze negative. Non esistono infatti risposte scontate o preconfezionate poiché occorre tenere conto della complessità del sistema familiare analizzando il processo interattivo tra figli e genitori che, essendo interdipendenti, si influenzano in maniera reciproca.

La maggior parte dei genitori presenta sia un profilo di rischio sia una serie di risorse che, debitamente riconosciute e valorizzate, si configurano come fattori protettivi che contribuiscono a ridurre in modo significativo lo stress:

  • L’autocompassione;
  • L’intelligenza emotiva;
  • Le buone pratiche di educazione dei figli;
  • La capacità di rigenerarsi nel tempo libero;
  • Rapporti positivi con i propri genitori e il sostegno emotivo.

 

 

STRATEGIE DI CURA E CONTRASTO AL BURN OUT NELLA PROFESSIONE EDUCATIVA

STRATEGIE DI CURA E CONTRASTO AL BURN OUT NELLA PROFESSIONE EDUCATIVA

Nel mondo dei servizi è comprovato l’elevato grado di correlazione tra le condizioni di benessere di chi presta la sua attività professionale e quelle di coloro che beneficiano del servizio.

La peculiarità del lavoro nei servizi materno-infantili rende ancor più evidente l’importanza di prestare attenzione alla salute psico-fisica di educatrici/ori per l’età e la vulnerabilità dei beneficiari.

Il ruolo dell’operatore del settore educativo materno-infantile presenta una caratterizzazione specifica: svolge attività educative ma, al contempo, assolve ai compiti di accudimento a bambini non ancora autonomi. La cura primaria lo rende attivamente coinvolto nelle dinamiche dello sviluppo emotivo e cognitivo dei bambini. L’educatore risulta pertanto chiamato a svolgere una vera e propria funzione genitoriale che lo espone sia agli aspetti di soddisfazione sia agli aspetti di fatica insiti nella genitorialità. La complessità della funzione di cura di bambini non ancora autonomi espone i caregiver di riferimento (genitori ed educatori) ad esperire livelli elevati di stress che, se non trattati adeguatamente, col tempo potrebbero degenerare.

 

I fattori di rischio principali che hanno un impatto negativo sul benessere dell’operatore del settore educativo materno-infantile sono:

  • numero ridotto di caregiver per ogni gruppo di bambini di cui prendersi cura;
  • clima organizzativo non favorevole nel contesto di lavoro;
  • mancanza di controllo o di influenza sulle procedure dell’organizzazione del contesto lavorativo;
  • carenza di supporto sociale;
  • limitato sostegno da parte dei colleghi e dei supervisori;
  • insufficiente o inadeguata formazione.

 

La cura di sé, sia come persona sia come figura professionale, può essere un modo per alleviare le sfide che affliggono gli operatori che lavorano al servizio del benessere dei bambini.

Vari studi hanno dimostrato come gli operatori, impegnati in pratiche di cura di sé appropriate, sperimentano un aumento dell’efficacia della pratica professionale (Sanso et al., 2015), della percezione della professionalità (Asuero et al., 2014) e descrivono livelli più bassi di burnout.

Particolare rilevanza riveste la capacità di mantenere una focalizzazione sulle proprie esigenze personali, familiari, emotive e spirituali mentre ci si occupa dei bisogni e delle richieste dei più piccoli.

 

Le strategie di coping unite ad una cura di sé professionale sostengono l’adozione di un approccio che contempli l’adozione di alcune iniziative come, ad esempio:

  • la definizione di obiettivi realistici per quanto riguarda il carico di lavoro;
  • la partecipazione a corsi di formazione specializzati;
  • la consapevolezza delle proprie risposte ai fattori di stress;
  • il ricorso al supporto di un supervisore;
  • l’utilizzo di pause per un adeguato riposo;
  • il mantenimento di legami positivi con amici e familiari stretti.

 

In particolare il contesto organizzativo riveste un ruolo di fondamentale importanza. Alcuni elementi dell’ambiente lavorativo come, ad esempio, un adeguato livello di sfida lavorativa, preparazione specifica ed aggiornamento costante uniti a sentimenti di competenza e senso di appartenenza a un’organizzazione supportiva rendono gli operatori maggiormente in grado di contrastare gli effetti negativi dello stress professionale.

 

 

 

 

 

Allattamento al seno: per nutrire il tuo piccolo e la vostra relazione

Allattamento al seno: per nutrire il tuo piccolo e la vostra relazione

Vediamo insieme perché gli esperti di UNICEF e OMS considerano l’allattamento al seno nei primi mesi di vita la forma di nutrizione ideale per i più piccoli!

Il latte materno è un alimento pressoché perfetto per le esigenze nutrizionali del neonato, inoltre si trasforma nel tempo coerentemente con l’evolversi dei bisogni del piccolo durante la crescita e contiene i nutrienti necessari a favorirne lo sviluppo fisico, sensoriale e cognitivo.

Protegge il bambino da infezioni e malattie croniche grazie agli anticorpi presenti, infatti nei primissimi momenti di vita il contatto pelle a pelle che avviene durante l’allattamento rafforza il sistema immunitario del neonato e ne prevenirne l’ipotermia.

Ma i vantaggi di allattare il tuo bambino al seno vanno ben oltre quelli legati alla sua salute!

Solo per citarne alcuni, l’allattamento al seno:

  • Ha un impatto positivo sulla salute della mamma, riducendo il rischio di sviluppare tumori.
  • E’ gratuito.
  • Riduce il peso sui sistemi sanitari.
  • Rafforza la relazione tra mamma e neonato.

Proprio per questo UNICEF e OMS raccomandano di allattare il bambino al seno per i primi 6 mesi di vita, a partire dalla prima ora dalla nascita.

Esistono numerose iniziative supportate dal Ministero della Salute, per promuovere l’allattamento al seno e informare sui benefici del latte materno, facilitando anche le mamme in movimento, come per esempio l’istituzione dei Baby Pit Stop (attualmente circa 900 in Italia); spazi dedicati, all’interno di bar, centri commerciali, farmacie, supermercati e altri luoghi pubblici, attrezzati con poltroncine, fasciatoi e giocattoli, in cui ogni mamma può fermarsi per cambiare e allattare il suo piccolo sentendosi protetta e non giudicata.

Allattamento al seno: una scelta libera

Seppur caldamente consigliato, l’allattamento al seno non è un obbligo e se, per qualunque motivo, preferisci non allattare non devi sentirti meno brava o capace delle altre mamme.

L’importante è che tu possa prendere la decisione su come nutrire il tuo bambino in modo informato, in piena coscienza di rischi e benefici delle varie modalità di alimentazione.

Quasi tutte le mamme possono allattare al seno, ma se ti sembra di non produrre abbastanza latte, possono esserci una serie fattori facilmente controllabili, come ad esempio un attacco al seno inefficace, la frequenza delle poppate e la capacità del bambino di svuotare il seno ad ogni pasto.

In questi casi, basterà un po’ di pratica, pazienza e un adeguato supporto sia a casa che fuori per imparare ad allattare al meglio.

Per saperne di più leggi questo articolo: Allattamento al seno | UNICEF Italia

Il tuo latte al nido

Sei interessata a dare il tuo latte al tuo bambino anche quando è al nido?

L’inserimento del bambino al nido può essere vissuto dai genitori come il momento in cui interrompere l’allattamento al seno, visto che il piccolo passa le ore della pappa lontano dalla mamma.

Proprio nell’ottica di coinvolgere tutta la comunità nel sostegno all’allattamento però, oggi è  diventato possibile continuare ad alimentare il piccolo con il latte materno anche al nido, nell’ambito dell’iniziativa di OMS-UNICEF “Comunità Amica dei Bambini per l’Allattamento”.

Compilando questo modulo, potrai farne richiesta, specificando quando e con quale frequenza vuoi che venga somministrato il latte al tuo bambino.

 Se hai dubbi, puoi recarti  presso il punto nascita ospedaliero o presso le ASST,  dove potrai parlare con operatori esperti di allattamento che ti aiuteranno ad orientarti tra le varie metodologie di estrazione del latte (spremitura, tiralatte ecc), per permetterti di fare una scelta informata e adeguata ai tuoi bisogni.

Una volta al nido, operatori appositamente prepati si prenderanno cura di conservare il tuo latte a una temperatura adeguata e di darlo al piccolo rispettando rigide norme igieniche.

Per approfondire: Promozione allattamento materno nei nidi Infanzia_77ef3570-9b58-4be9-89f8-a1e7fc1fbad7.PDF (ats-milano.it)

 

 

 

 

 

Perché è importante leggere ai bambini piccoli

Perché è importante leggere ai bambini piccoli

Sapevi che leggere al tuo piccolo sin dai primissimi momenti di vita rafforza la vostra relazione e favorisce il suo sviluppo emotivo e cognitivo?

Se pensi che leggere libri al proprio bambino quando è troppo piccolo sia prematuro perché potrebbe non capirne il contenuto stai commettendo un errore: la verità è che i benefici di praticare la lettura condivisa precocemente sono tantissimi e proprio per questo l’Associazione Culturale Pediatri, l’Associazione Italiana Biblioteche e il Centro per la Salute del Bambino hanno dato vita al progetto nazionale Nati per Leggere. (17 La sua storia comincia dalle tue parole. Spot Nati per Leggere versione 45” (Pubblicità Progresso) – YouTube ] 

Guarda lo Spot “La sua storia comincia dalle tue parole” del progetto “Nati per leggere” finanziato da Regione Lombardia https://www.youtube.com/watch?v=8-NYJ5uSlw0

Leggere al tuo piccolo è importante per 6 principali motivi:

  1. Grazie all’esposizione precoce a storie e racconti, il tuo bambino impara la sequenza degli eventi, mette in ordine il proprio vissuto e crea memorie condivise con la mamma e il papà.
  1. I personaggi delle storie diventano dei modelli che lo aiuteranno ad affrontare le piccole e le grandi sfide quotidiane.
  1. La lettura giornaliera permette al bambino di acquisire maggiori capacità di base per imparare a leggere e scrivere, un aiuto per prepararsi ad entrare nel mondo della scuola con un linguaggio più ricco, familiarità con i libri, tempi di attenzione più ampi e con un maggiore sviluppo del linguaggio espressivo e ricettivo.
  1. Anche riascoltare tante volte la stessa storia è una parte normale ed essenziale dello sviluppo del bambino. Questa ripetitività gli permette infatti di dare un senso alle situazioni che lo spaventano e di rifugiarsi negli scenari noti e confortanti che ritrova nel racconto. Sarà lui stesso, crescendo, a chiederti altre storie più stimolanti.
  1. Sviluppare l’abitudine di leggere al proprio piccolo prima della nanna favorisce il rilassamento e il buon sonno.
  1. Leggendo al tuo bambino sin dai primissimi momenti di vita, lo incoraggerai a integrare la lettura nella sua quotidianità così che, una volta più grande, potrà leggere da solo o ad altri, diventando un lettore attivo .LEGGERE PER DIALOGARE

Una modalità particolare di lettura particolarmente consigliata per i più piccoli è la “lettura dialogica”, caratterizzata da uno scambio interattivo continuo tra te e il tuo piccolo.

E’ infatti proprio questo tipo di lettura relazionale e intima ad essere particolarmente preziosa per il bambino, perché lo stimola a partecipare attivamente.

all’interno di ospedali, consultori, biblioteche o asili, esistono dei presidi NpL che rappresentano dei luoghi in cui puoi leggere al tuo piccolo in un ambiente comodo e protetto, supportato dalla presenza di operatori formati e dove puoi trovare tantissimi libri scelti da esperti e adeguati all’età di tuo figlio, sia in italiano che in altre lingue.

  • Se vuoi praticare la lettura dialogica, ecco alcuni consigli:mantieni un tono di voce basso e coinvolgi il piccolo facendogli domande sulla storia o mettendo esplicitamente in relazione la narrazione con le sue vicende quotidiane.

E’ importante anche tenerlo in braccio durante la lettura, in modo che possa vedere e toccare il libro. Le immagini e le sensazioni tattili, al pari delle parole, sono infatti un importantissimo mezzo di comunicazione, che gli permette di scoprire il mondo e ne stimola la curiosità.

L’interazione che si viene a creare nell’ambito della lettura relazionale, comunica al tuo bambino “sono qui”, rimandandogli un senso di vicinanza e protezione che rafforza la relazione di attaccamento sicuro nei tuoi confronti.

NATI PER LEGGERE

Nati per leggere è un progetto di promozione della salute, che mira a promuovere la lettura a voce alta in famiglia, come strumento di crescita sana, sviluppo cognitivo e benessere relazionale dei bambini piccolissimi, da 0 a 6 anni. 

Il progetto si basa sulla conferma scientifica che la lettura a voce alta nei primi anni di vita favorisce lo sviluppo cognitivo e affettivo-relazionale del bambino.

Per saperne di più: Home (natiperleggere.it)

                               Nati per Leggere » Sistema Bibliotecario di Milano (biblioteche.it)

Nati per la musica

Lo sai che, proprio come la lettura, anche la pratica musicale precoce sostiene il bambino nella crescita e allo stesso tempo ti aiuta a costruire un rapporto con lui?

Nati per la Musica è un altro progetto di promozione della salute volto a promuovere l’esperienza musicale condivisa come momento di coesione familiare e di sviluppo della creatività.

Pensa che già cantare al tuo piccolo quando è ancora nella pancia ne stimola il movimento, lo predispone a riconoscere la voce della mamma e del papà e lo fa sentire accudito e voluto bene!

Anche dopo la sua nascita, cantando o ascoltando musica insieme al tuo bambino lo coinvolgerai in interazioni positive e stimolerai la sua creatività e attenzione, aiutandolo al contempo a familiarizzare con la gamma di suoni e rumori che lo circondano.

La musica è inoltre un potentissimo mezzo di espressione, comunicazione e regolazione di emozioni! Avvicinare il tuo piccolo alla musica significa, quindi, anche dargli un importante strumento di gestione della propria vita emotiva e del proprio mondo interno.

Un bambino educato alla musica, quando sarà più grande, potrà poi trasportare la pratica musicale dalle sole interazioni con i genitori a quelle con le altre persone della sua vita, come ad esempio i suoi amichetti, utilizzandola come mezzo per creare comunità e instaurare rapporti profondi.

Insomma non esitare a leggere libri al tuo piccolo e fare musica con lui. Gli regalerai dei momenti di gioia, divertimento e condivisione, e, contemporaneamente, getterai alcuni dei più preziosi mattoncini del suo sviluppo futuro!

La partecipazione alle attività di Nati per Leggere e Nati per la Musica è gratuita, nella convinzione che tutti i bambini debbano avere le stesse opportunità di crescere nel modo migliore e tutti i genitori abbiano diritto ad essere sostenuti e guidati nel loro delicato compito educativo.

Per saperne di più: Nati per la musica – Nati per la Musica

                              Nati per la Musica » Sistema Bibliotecario di Milano (biblioteche.it)

L’alimentazione al nido

L’alimentazione al nido

Il momento del pasto al Nido d’Infanzia rappresenta l’occasione di una nuova convivialità per i bambini e dunque una valida esperienza dello “stare a tavola” in cui tradizioni alimentari ed utilizzo dei cinque sensi si fondono e si condividono con il gruppo dei pari e con la maestra.

Nel link di seguito: Documento di indirizzo per l’elaborazione dei menù nei Nidi d’Infanzia
Pappa al Nido

Anche al Nido è possibile stimolare la curiosità e far scoprire al bambino cibi e sapori nuovi, guidandolo in un percorso di esperienze gustative che potranno condizionare le sue scelte da adulto. 
Proprio per la valenza educativa del pasto, è importante che le figure professionali coinvolte siano concordi nel non porre eccessiva preoccupazione rispetto alle quantità consumate ma siano attente a instaurare un buon rapporto con il cibo e evitare ogni rigidità eccessiva. Il cibo per un bambino diventerà un valore positivo solo se rappresenta “qualcosa di buono”, da assimilare liberamente e respingere altrettanto liberamente, quando non piace o semplicemente non se ne ha voglia.
In quest’ottica è importante che gli educatori lavorino in sinergia con la famiglia per garantire un giusto equilibrio tra gli aspetti igienico-nutrizionali e la sfera emotiva.
Un aspetto che a questo proposito deve essere sottolineato riguarda la stigmatizzazione del peso e delle forme corporee che a volte inizia già in età pediatrica con ripercussioni che possono durare tutta la vita e per questo deve essere contrastata, cominciando proprio dalla famiglia, dagli educatori e professionisti sanitari che si occupano dei bambini nei primi anni di vita.
Il commento sulla figura fisica sia per magrezza che per eccesso ponderale con battute,
nomignoli o commenti quali ad esempio “sei cicciottello o magrolino”, così come i commenti sulla porzione consumata devono essere evitati, in quanto enfatizzano l’attenzione sul cibo e sull’ aspetto fisico perpetuando rappresentazioni mentali stigmatizzanti e giudicanti.

Di seguito alcuni accorgimenti per facilitare un rapporto sano col cibo al Nido:

  • coinvolgere il bambino nella preparazione della tavola e in ciò che gli verrà proposto;
  • lasciarlo giocare con frutta, verdura, cereali ecc. facendo attenzione che eventuali cibi ingeriti abbiano una forma e un taglio sicuri per il rischio soffocamento da cibo.
    Linee di indirizzo per la prevenzione del soffocamento da cibo in età pediatrica
  • condividere in allegria il momento del pasto (si parla, si ride, si scherza tutti insieme);
  • raccontare storie anche inventate dai bambini sul cibo con approccio fantastico e
    creativo;
  • sensibilizzare all’uso dei cinque sensi con il cibo;
  • laboratori di cucina in classe dove possono sperimentare liberamente, tenendo presente le buone prassi di igiene degli alimenti e compatibilità con allergie/intolleranze.

in collaborazione con:
Unità Operativa Igiene degli Alimenti e Nutrizione (UOCIAN)
Ats Milano – Nutrizionesianmi@ats-milano.it

L’alimentazione nei primi 1000 giorni di vita del bambino.

L’alimentazione nei primi 1000 giorni di vita del bambino.

L’importanza della cura della relazione nelle buone abitudini alimentari nei primi 1000 giorni.

Per un neonato il cibo rappresenta qualcosa di vitale sia fisiologicamente che emotivamente. L’ appetito è l’espressione di un bisogno che non si limita a soddisfare la fame, ma riguarda anche gli aspetti più profondi della vita affettiva. La madre o il caregiver che offrono il pasto sono una occasione d’incontro dove il mangiare e comunicare sono inseparabili: il cibo non soddisfa solo un bisogno primario, ma risponde anche al bisogno di cura, scambio e affetto. Il rapporto cibo-emozioni nasce dalle primissime fasi della vita e mantiene forti valenze psicologiche per tutta l’esistenza di un individuo.

All’inizio della vita, durante l’allattamento, il bambino vive una forte identificazione fra il nutrimento e la figura materna e l’alimentazione continua ad essere il riflesso del loro legame. Cibo e alimentazione sono quindi importanti per lo sviluppo sia fisico che della dimensione sociale e psicologica del bambino.

L’alimentazione del proprio figlio è da sempre una delle principali preoccupazioni di un genitore. Cosa mangia, quali cibi sono più sani e giusti per lui, quali sono le scelte migliori. Corrette abitudini alimentari fin dalla primissima infanzia sono importantissime per la crescita dei più piccoli e gettano le basi per la salute futura.

Le evidenze scientifiche confermano che i primi 1000 giorni di vita sono fondamentali per un adeguato sviluppo fisico e psichico e molti interventi realizzati con tempestività in questa primissima finestra temporale – in particolare le corrette scelte
alimentari – portano a risultati di salute positivi nel breve, medio e lungo termine per il singolo individuo e per la collettività.

Il momento del pasto rappresenta uno dei rituali più importanti della nostra quotidianità e per i più piccoli è un eccezionale momento di scoperta: colori, sapori, consistenze e forme nuove arricchiscono le loro conoscenze gustative e cognitive. Questo processo di sviluppo del gusto, e quindi delle preferenze che guideranno le sue scelte alimentari negli anni, comincia già con l’alimentazione materna in gravidanza e prosegue con l’allattamento e l’alimentazione complementare.

(Leggi: Consensus sull’Alimentazione in età fertile, gravidanza e allattamento e brochure allattamento)

Per questi motivi i genitori e i caregivers dovrebbero conoscere i principi di una sana
alimentazione e proporre fin dalle prime pappe e durante i primi anni di vita un’ampia varietà di alimenti. Sarà l’esposizione precoce e ripetuta a questa varietà di sapori, profumi e consistenze adeguate alle capacità di masticazione del bambino a facilitare la familiarizzazione con gusti nuovi.

Per un genitore è importante sapere che non ci sono tappe obbligate, ma accorgimenti da seguire per trasmettere il valore positivo e piacevole del cibo e soprattutto far sentire che siamo presenti e lo amiamo.

Brochure per i genitori “W la Pappa”

Qui di seguito alcuni punti essenziali per permettere al bambino una armonica relazione col cibo:

  • Offrire al bambino alimenti salutari nella giusta varietà e consistenza;
  • non utilizzare il cibo come premio o punizione: le emozioni del genitore e del bambino sono un punto molto importante che pone le basi del rapporto con il proprio figlio;
  • strutturare modalità e tempi dei pasti in modo che il bambino acquisisca abitudini di regolarità nell’assunzione;
  • i periodi di disappetenza non sono un problema: ci sono fasi della crescita in cui è fisiologico che il bambino mangi meno, e magari cresca meno, per riprendere poi il suo appetito abituale. Se, invece, il bambino mangia troppo e chiede sempre qualcosa in più probabilmente sta considerando il cibo una consolazione;
  • adottare un atteggiamento permissivo sulle iniziative del bambino sul cibo in modo da lasciargli i suoi spazi di libertà, di piacere e di gioco, crescendo il cibo diventa il simbolo non solo del legame, ma anche del progressivo e salutare distacco;
  • molti bambini sembrano insofferenti agli aiuti: vogliono proprio mangiare da soli e si appassionano al cibo come a un nuovo gioco. E’ bene lasciarli fare: se si impediscono questi primi tentativi di autonomia, è probabile che gli passi la voglia di provare. Per un bambino giocare col cibo è il suo modo di imparare, di fare esperienza;
  • se il bambino rifiuta il pasto che gli viene offerto, i genitori non devono preoccuparsi, mostrarsi feriti, rifiutati o delusi, né preparare loro un’alternativa. Forzare il bambino a mangiare determina un effetto opposto col risultato di prolungare nel tempo difficoltà alimentari altrimenti passeggere;
  • se è naturale partecipare con piacere alla gioia del bambino quando mangia con appetito quello che abbiamo preparato per lui, dovrebbe esserlo altrettanto accondiscendere ai suoi segnali di autonomia quando rifiuta qualcosa che gli sembra cattivo, che non gli piace. In questo caso non utilizzare tv, giochi, video nel momento del pasto per distrarlo ne insistere per far finire ciò che ha nel piatto.

in collaborazione con: 
SC Igiene degli Alimenti e della Nutrizione – SianMi@ats-milano.it