A cura di ASST Nord Milano

Tra i 3 e i 6 anni i bambini vivono un’intensa fase di esplorazione e affermazione di sé. In questa tappa della crescita, le domande dei genitori si moltiplicano: come gestire i “no” continui? È giusto che mio figlio provi frustrazione? Perché certi comportamenti sembrano non cambiare mai? In queste FAQ, esperti in ambito educativo e psicologico dell’ASST Nord Milano rispondono con strumenti concreti e riflessioni profonde, per accompagnare mamme e papà in un percorso di consapevolezza, dialogo e cura della relazione con i propri figli. Le FAQ sono suddivise in PSICO – FAQ con un taglio pisù psicologico, e PEDA- FAQ che invece utilizzano un approccio più educativo e pedagogico.

PSICO-FAQ

  •  Come mai, malgrado tutti i tentativi di modificare il comportamento di mio figlio, le cose non cambiano e io sono sempre più in preda alla rabbia?

Molto spesso, siamo concentrati sul risultato di un’azione anzichè pensare a quali sono le motivazioni che la originano. Un dato comportamento dovrebbe essere collocato in uno specifico contesto relazionale per poterne capire le motivazioni. Da qui ne deriva il fatto che lo stesso  tipo di comportamento del bambino (come per esempio non ascoltare le parole del genitore oppure rifiutarsi di fare qualcosa) può avere differenti significati.

Nel caso degli esempi fatti, il bambino potrebbe essere mosso dalla stanchezza, dalla convinzione di non avere conseguenze, dal desiderio di attirare l’attenzione oppure dalla fatica nel formulare il suo bisogno o da altre cose ancora. In genere, crediamo di avere un’idea di quale sia la ragione specifica che muove il comportamento di nostro figlio, ma se non fosse così? Se la nostra teoria della mente di nostro figlio non fosse azzeccata in tutte le situazioni? Quel che è certo è che nei momenti di stress relazionale e di rabbia non è affatto semplice fermarsi a riflettere.

Dal punto di vista psicologico e nelle situazioni in cui vediamo che malgrado tutti i nostri sforzi il risultato non cambia, potrebbe essere interessante costruire una lettura del comportamento di nostro figlio in modo da lavorare in maniera preventiva  su ciò che lo genera piuttosto che trovarci a dover maneggiarne solo  le conseguenze.

  • Io mi impegno molto per trasmettere buoni valori ai miei figli ma l’altro genitore sembra quasi che faccia apposta a distruggere ciò che costruisco: questo mi crea una grande fustrazione

Ci sono degli aspetti scomodi nella relazione con il bambino che nella coppia genitoriale nessuno facilmente desidera assumersi, parlo ad esempio del dover dare dei divieti, del non poter sempre accontentare le richieste del bambino, del tempo da dedicare alle incombenze quotidiane che tolgono spazio alla relazione  ecc. Fra i genitori, c’è sempre qualcuno che deve occuparsi anche di questo e, delle volte, ci si trova ad essere quel qualcuno mentre si osserva dispiaciuti quel qualcunaltro che si è salvato dalla scomoda situazione. In questi casi, più frequenti di quello che pensiamo, il rischio è che si crei un certo attrito tra i genitori o, qualche volta, anche un pò di conflittualità.

  • I bambini sono molto capaci di captare questi tipi di dinamcihe e, delle volte, a prenderne parte attiva.

Su un piano psicologico,  possiamo chiederci cosa è più strategico, forse la presenza di un alleato può ridurre il carico di alcuni gravosi compiti e proteggere i figli dalle tensioni della coppia genitoriale. Promuovere una cultura del dialogo e della condivisione all’interno della coppia, parlare delle proprie difficoltà, chiedere aiuto e mostrare anche la propria parte più vulnerabile, può essere un’ottima strategia per prevenire lo stress  e per non trovarsi da soli nei confronti dei compiti più gravosi.

  • In qualità di genitore mi sento di agire correttamente, tuttavia, nella relazione con i miei figli, le cose continuano ad andare male e c’è molta tensione

Nella nostra società contemporanea siamo fortemente richiamati ad esprimere un’immagine vincente di noi stessi. Questo aspetto riguarda tutti gli ambiti della vita e anche la nostra capacità di essere bravi genitori. La capacità genitoriale è, in realtà,  una competenza che si costruisce nel tempo e che richiede duro lavoro, passando spesso da errori e sgradevoli sensazioni di non saper essere efficaci nell’esercizio del proprio ruolo. Questo grande impiego di energie ci porta ad essere soddisfatti dei risultati che otteniamo e orgogliosi di noi stessi. Quando ci capita di non riuscire a raggiungere i risultati desiderati malgrado i notevoli sforzi, ci sentiamo invece frustrati. In alcune occasioni  è difficile ammettere a sè stessi di non aver ancora trovato la strada per avere uno scambio armonico con i nostri figli e questo non fa bene alla nostra autostima e al nostro benessere psicologico. In questo caso, potremmo avere un problema legato a quali sono gli obiettivi del nostro operare: come possiamo farci carico allo stesso tempo dei nostri limiti e di preservare una buona immagine di noi stessi in quanto genitori? Ci sono delle occasioni nelle quali è più strategico accettare l’evidenza che non stiamo riuscendo ad uscire da un problema, piuttosto che rimanere ancorati alle nostre convinzioni. Questo può essere un vantaggio perchè ci permette di chiedere aiuto, affidarci al supporto altrui e allentare la tensione.

PEDA-FAQ

  •  Spesso mio figlio non mi ascolta e fa apposta il contrario di ciò che gli dico. Come posso intervenire senza urlare tutte le volte?

I bambini dai due anni in sù e negli immediati anni successivi iniziano a maturare sempre più competenze e sempre più autonomie, pur restando piccoli e con un apparato ancora in via di sviluppo (Camaioni L., 2007). In questa fase della crescita,  è normale che tendano a mettere in campo azioni che confermino la loro agentività sul mondo e che comincino a lasciare traccia di sè e ad autodeterminarsi (nei limiti del possibile). Avete in mente quando si sente parlare/si legge dei cosiddetti “terribili due (anni)” (Uppa, 2019)?

Credo, da pedagogista, che una definizione di questo tipo non renda giustizia alla ricchezza e alla meraviglia di questo periodo dello sviluppo! Cari genitori, sappiamo bene quanto sia faticoso e a volte francamente difficile gestire un bambino così piccolo (e al contempo determinato)  ma proviamo a pensare che il bambino, in realtà, non fa nulla di personale ma sta testando la propria impronta sul mondo in ogni momento. Forse non esiste una strategia per arginare questo flusso di energia; in questa situazione ci può guidare con più efficacia la consapevolezza che il bambino non sta agendo contro di noi ma si trova in una fase dello sviluppo in cui non ha ancora costruito la capacità di autoregolare la propria energia.

Nei momenti in cui questa consapevolezza è accessibile al nostro pensiero, il comportamento in risposta a quello del bambino non è spinto dalla rabbia e dell’emotività bensì da una maggiore calma e comprensione e questo potrebbe aiutare nei momenti di maggiore emotività, quando pensiamo di non avere alternative all’urlo.

  • Quando sento parlare di atti di bullismo e violenza agiti da bambini della stessa età del mio, mi chiedo se esista un modo per intercettare i segnali prima che le azioni diventino troppo gravi.

Questo è un tema interessante e, come sempre, la regola chiave sta nel fatto che non esiste una regola valida per tutti e non esistono gli stessi identici segnali per tutti. Forse una delle cose più importanti è il mantenimento di un clima di fiducia e comunicazione nel corso degli anni, partendo dal modello che quotidianamente rappresentiamo (Bandura A., 1961). Banalmente, come possiamo pretendere che i nostri figli ci raccontino come è andata a scuola se noi per primi non narriamo mai nulla delle nostre giornate, delle cose che ci sono rimaste impresse, delle cose belle accadute quel giorno, delle emozioni provate, delle idee, dei pensieri?

La prima cosa a cui siamo tenuti a fare attenzione è proprio il modello che forniamo nella vita quotidiana, perchè si tratta dello strumento educativo più potente di cui disponiamo. Se i bambini vengono esposti a modelli poco rappresentativi da questo punto di vista sarà probabile che non si sentiranno liberi di esprimere emozioni, pensieri e di sentirsi in un clima sicuro di accoglienza. Questo non significa che sicuramente metteranno in campo atti di bullismo, ma è probabile che sentano il bisogno di esprimere all’esterno determinate emozioni, che provino una certa insicurezza, che non si sentano legittimati e validati nelle loro emozioni e tendano a reprimerle o esprimerle in modo dirompente. Se vogliamo che i nostri figli possano divenire persone emotivamente mature, la prima cosa necessaria da fare sarà esserlo noi per primi e dimostrarlo quotidianamente.

  • La frustrazione deve riguardare anche i bambini?

Purtroppo (o per fortuna) sì! Certamente non si sta parlando di fornire esperienze frustranti tutti i giorni apposta per forgiare il carattere dei nostri figli (otterremmo esattamente l’opposto) bensì di accettare, come adulti, che il passaggio dalla frustrazione è necessario per la crescita di futuri cittadini adulti, maturi (non solo cognitivamente ma anche emotivamente) e consapevoli. E’ proprio qui che sta la differenza tra pedagogia nera e pedagogia del limite (Pigozzi L., 2024).

La pedagogia nera si costituisce di azioni volte ad ottenere l’obbedienza cieca come valore ed educa il bambino a dubitare del proprio pensiero e delle proprie emozioni. Alcuni esempi di pedagogia nera sono il silenzio punitivo, le forme di controllo e iper controllo, la svalutazione, l’invalidazione delle emozioni ecc.

Contrapposta alla pedagogia nera troviamo la pedagogia del limite che

sa stare accanto al bambino quando incontra il limite, gli insegna a restarci e superarlo con le proprie competenze, è presente per quando il bambino si sente di tornare. Se il limite manca, se c’è fusione, se la frustrazione la viviamo tutta noi adulti senza lasciarla sperimentare al bambino, lui si troverà sguarnito di competenze che il mondo, ad un certo punto, gli chiederà necessariamente di avere. Il bambino che sperimenta il limite può ingegnarsi per superarlo, può vedere l’apertura di nuovi spazi di possibilità mettendosi in gioco e inziando a strutturare la propria identità, ponendo le basi della conoscenza di sè.

 

 

Foto di Marjon Besteman da Pixabay

A cura di Terre des Hommes 

Intervista a Liviana Rinaldi, psicologa, e Daniela Moles, pedagogista, esperte nella formazione per nidi e scuole dell’infanzia.

All’interno del progetto Nidoinsieme 0-6, per sostenere la qualità educativa nei servizi per la prima infanzia, è stato avviato un percorso formativo rivolto a educatori, operatori e coordinatori pedagogici. L’obiettivo è rafforzare le competenze professionali, favorire il lavoro di gruppo e stimolare la riflessione sui principali nodi pedagogici contemporanei, come la relazione con le famiglie e l’impatto del digitale nei contesti educativi. Abbiamo intervistato Liviana Rinaldi e Daniela Moles, professioniste coinvolte nella conduzione dei corsi, per approfondire le caratteristiche dell’intervento e i riscontri ricevuti sul campo.

Qual è il vostro percorso professionale e come collaborate oggi con Terre des Hommes?

Liviana Rinaldi – Sono psicologa e mi occupo da oltre vent’anni di formazione e progettazione sociale, con un’attenzione particolare alle persone fragili. Ho svolto anche il ruolo di psicologa scolastica, supportando alunni, genitori e personale educativo.

Daniela Moles – Io sono pedagogista e ho lavorato per anni nei servizi di tutela minori. Questo mi ha permesso di entrare in contatto diretto con famiglie vulnerabili e con il sistema scolastico, sviluppando un approccio multidisciplinare alla formazione.

A chi si rivolge il percorso formativo promosso da Terre des Hommes?

Liviana – La formazione è destinata a educatori e operatori di nidi e scuole dell’infanzia. Abbiamo coinvolto x istituti situati in diverse zone dell’area Metropolitana di Milano e ogni istituto coinvolto ha potuto scegliere tra 12 moduli tematici, che sono stati elaborati nella precedente progettualità di NidoInsieme, in base ai bisogni emersi attraverso un’analisi condivisa con i coordinatori. Il nostro compito è stato quello di guidare questa scelta e condurre la formazione.

Quali differenze avete riscontrato nei profili dei coordinatori coinvolti?

Daniela – Abbiamo incontrato sia coordinatori con un background educativo, sia figure imprenditoriali che gestiscono micro-nidi con approccio manageriale. Entrambi i profili si sono mostrati sensibili alla qualità formativa, anche se con priorità differenti: i primi focalizzati sul benessere del gruppo e sul rafforzamento delle competenze educative, i secondi più attenti all’efficienza organizzativa.

Liviana – I coordinatori con esperienza aziendale tendono a strutturare i servizi con logiche gestionali precise, che però possono beneficiare molto di un intervento formativo mirato al lavoro di squadra e alla relazione educativa.

Qual è stata la risposta degli educatori ai percorsi?

Daniela – Ottima. I partecipanti hanno mostrato motivazione e disponibilità a mettersi in gioco. Il gruppo era eterogeneo: da giovani alle prime esperienze a professionisti con decenni di attività. Le metodologie interattive che usiamo – come role-play e attivazioni ludiche – hanno favorito la partecipazione attiva.

In cosa consistono queste metodologie?

Liviana – Partiamo sempre da attivazioni “leggere” ma mirate, che aiutano a creare fiducia nel gruppo e stimolano la riflessione personale. Crediamo che la formazione debba coinvolgere il partecipante anche a livello emotivo, perché sia davvero trasformativa.

Daniela – Non usiamo slide o lezioni frontali. Preferiamo un approccio esperienziale, con restituzioni scritte alla fine del percorso. I gruppi più numerosi – fino a 22 partecipanti – hanno offerto uno scambio ricchissimo, mentre quelli più piccoli sono stati comunque efficaci, ma con meno stimoli.

Quali temi sono risultati più richiesti?

Liviana – Due soprattutto: il rapporto tra digitale e prima infanzia e la comunicazione scuola-famiglia. Quest’ultima si intreccia anche con la comunicazione interna tra operatori. Si tratta di ambiti chiave per costruire un contesto educativo coeso e capace di rispondere alle sfide attuali.

Nel 2024 è entrata in vigore una nuova norma regionale sull’iscrizione all’Albo delle figure educative. Ha avuto un impatto?

Daniela – Sì, la prospettiva dell’albo ha spinto molte realtà ad aggiornare le competenze del personale. Ora è richiesto un titolo universitario specifico (Scienze dell’Educazione), e questo ha contribuito a dare più valore alla formazione.

Un’ultima domanda: siete soddisfatte dei contenuti dei moduli formativi proposti?

Liviana – Assolutamente. Riteniamo siano molto efficaci. Le due tematiche più scelte sono di grande attualità e rispondono a bisogni concreti. E il coinvolgimento riscontrato nei corsi ci conferma che la direzione è quella giusta.

 

Per chi desidera approfondire i temi legati alla crescita, all’educazione e al benessere dei bambini nei primi sei anni di vita, le pagine di questo sito offrono numerosi contenuti informativi, strumenti utili per genitori e operatori e una mappa aggiornata dei servizi per l’infanzia presenti sul territorio. Uno spazio pensato per sostenere, condividere buone pratiche e costruire insieme una comunità educativa attenta e competente.

 

 

In mancanza di nonni, o baby-sitter a cui affidare il proprio figlio, o figlia, difficilmente i neogenitori riescono a frequentare il cinema. CinemAgattoni, grazie alla collaborazione dell’Auditorium Anna Marchesini di Settimo Milanese, propone a mamme e papà proiezioni di film presenti nelle sale, in un setting allestito anche per le esigenze dei più piccoli.

Mentre i genitori sono seduti e si godno il film sono a disposizione dei bambini spazi morbidi dove riposare o giocare; il volume del film è modulato e la luce in sala è soffusa proprio per creare un ambiene adatto alle loro esigenze. 

Inoltre ad ogni proiezione sono presenti gli operatori e le operatrici di Cooperativa COMIN e dello Spazio TerraLuna che sono a disposizione delle mamme e dei papà.

CinemAgattoni è un’azione realizzata da Cooperativa COMIN, all’interno di NidoInsieme0-6.

Nido Insieme 0-6 è un progetto di ATS Città Metropolitana di Milano, finanziato da Regione Lombardia e implementato da Comune di Milano, Terre des Hommes, ASST Nord Milano e Generazione Impatto insieme a una rete di 17 partner operativi che vantano una pluriennale esperienza nell’educazione e promozione del benessere dei più piccoli.

Guarda il  video per scoprire di più: 

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